Non è solo un eclettico direttore creativo, si contraddistingue prima di tutto come fotografo: la fotografia è stata la sua prima passione, come archivista della memoria e del suo tempo, come lui stesso afferma, fin da adolescente. Porta con sé fin da piccolo l’dea di una fotografia in bianco e nero, iconica, rappresentativa, metaforica, dice di sé stesso: “quel che faccio è ciò che sono”. In una coerenza creativa e personale unica scatta come se si addentrasse in storie personali, in riti sacrali, cercando qualità che il soggetto non sa di avere, con la curiosità che annaspa all’interno dell’apparente indifferenza del soggetto.
Il background e lo stile
Così come Alessandro Michele per Gucci cura ossessivamente il sound delle sue sfilate “la musica e i modelli definiscono lo styling, la sua credibilità e autenticità. Quello che ascoltate e quello che vedete fanno parte di una cosa sola, di un unico mondo”. Grazie alla sua influenza orienta i gusti musicali, ne fa un trip personale alternativo ma nello stesso tempo investe nell’underground inedito francese e inglese mettendo in luce artisti poco noti che altrimenti non avrebbero né spazio né visibilità.
“Oggi la cultura mainstream, sostenuta dagli algoritmi dei social che mette i numeri al primo posto, non dà nessuna opportunità alla musica alternativa. E purtroppo la stampa non fa nessuno sforzo per mettere in luce musicisti poco noti. E se io posso farlo grazie alla moda e alla fotografia, sono felice di impegnarmi e di aiutare il più possibile”.
Hedi Slimane
La sua autenticità
Hedi Slimane è schivo, riservato, rinuncia anche all’inchino finale dei suoi fashion show.
Riduce a poche unità i suoi inviti personali alle sfilate ma è capace di proteggere il suo lavoro in modo feroce dalle critiche dei giornalisti.
Scrive “Ci sono già passato da Saint Laurent. C’è la politica, i conflitti di interesse e le congiure, un atteggiamento prevedibile, ma anche delle stupefacenti esagerazioni di conservatorismo e puritanesimo. La violenza fa parte della nostra epoca. È lo spirito demagogico dei social network, che tuttavia sono uno strumento di community formidabile. Non c’è più nessun limite, l’odio ha preso il sopravvento”.
Slimane spinge l’acceleratore sulla libertà francese di Celine e sul suo anticonformismo libero dalle critiche che lo perseguitano: racconta l’incertezza, la diversità, a una scelta borghese contrappone una via che si spoglie delle sovrastrutture e che si consolida in una moda antiesteta di rifugio e di streetware, in cui convogliare ogni rivoluzione e assassinare ogni didascalica rappresentazione.
Si fa autentico, artista a tutto tondo mosso da un profondo intuito, indagatore di sensibilità senza bagagli ideologici.