“Se qualcosa ci salverà, sarà la bellezza”

(Ettore Sottsass, Scritti. Avvalorando Dostoevskij, Milano 2001)

Un incontro prematuro ma fondamentale

Dicevo, “la prima volta che incontrai Ettore Sottsass era il 1997, io avevo 18 anni e lui 70, io ero in carne e ossa in un edificio scolastico dalla formazione tecnica e dall’architettura fascista e lui soggiornava sornione nel volume monografico che stavo sfogliando. Da allora non l’ho mai dimenticato, rincontrandolo più volte nei libri e nelle sue architetture e frequentazioni cartacee fino alla splendida mostra della Triennale l’anno scorso”.

Ora ci frequentiamo tramite il catalogo della mostra del 2018, curato in modo meraviglioso dalla compagna Barbara Radice. E altrove, perché lo stiamo prepotentemente riscoprendo.

Ettore è un pirata. Non lo puoi classificare, le sue incursioni nel design, nell’architettura, nella fotografia, nella parola, nell’arte, sono molteplici e si incastrano spesso l’una con l’altra. La sua produzione: vastissima. All’istituto tecnico per geometri le sue case triangolari, colorate a fasce, pitturate con grossi blocchi di colore inusuale, subito mi colpirono.

Man mano che vedo materiale su di lui scopro sempre diramazioni improvvise e impreviste.

Fin dentro le parole

“L’ultimo tra i progetti che La Triennale ha dedicato all’artista è il terzo capitolo della trilogia di mostre partita con Struttura e colore (3 dicembre 2021–12 giugno 2022) e continuata con Il calcolo (15 luglio 2022–8 gennaio 2023). Il titolo è Ettore Sottsass. La Parola, che aprirà al pubblico venerdì 20 gennaio e fino al 2 aprile 2023 si concentrerà sull’uso molteplice che l’artista ha fatto della parola scritta.

Il Presidente di Triennale Milano Stefano Boeri ha parlato così della nuova mostra: “Ettore Sottsass possedeva il dono rarissimo di una scrittura limpida e ricchissima di profonde suggestioni. Distillava con le parole concetti e immagini che ancora oggi arrivano dirette al cuore di chi legge, di chi si lascia condurre – e inevitabilmente incantare – nel suo immaginario intimo di spazi, oggetti e vicende umane.”

Qui l’approfondimento.

I libri di Ettore Sottsass

“Intanto, piano piano, mi sono drogato con quel piacere speciale che uno può avere a stampare libri, a depositare un po’ della vita propria o di chiunque altro sulla carta stampata, a far girare tra la gente un po’ della vita, a suscitare vita, suscitare pensieri, emozioni, odio, disprezzo, allegria, conoscenza, forse anche a trovare la propria reale posizione sul pianeta. Se il libro non si vende, restano in magazzino metri cubi di carta stampata: non importa molto. Il libro si è fatto, il poco o il tanto della vita è stato depositato sulla carta stampata e resta la speranza che la carta sia buona. Nel frattempo la vita c’è stata.”

Ettore Sottsass

Qui Corraini edizioni.

Qui Pulcini edizioni.

 

Impegno e meraviglia, l’inconfondibile sguardo di Giuseppe Varchetta (qui)

“Era solito inviare dei brevi messaggi, impreziositi da piccoli disegni e dalla sua impareggiabile grafia. Erano messaggi che Ettore Sottsass faceva pervenire ad amiche e amici per un grazie, un augurio, un ricordo o più semplicemente per un saluto; brevi frasi, mai comuni, sempre stupite e vicine a chi leggeva. Un gesto tra i tanti attraverso i quali Sottsass amava la gente e la vita.

Un giorno, nell’ormai lontano 1987, ho ricevuto un biglietto. Gli avevo spedito delle foto scattate in occasione della vernice di una sua mostra; il biglietto era un foglio bianco formato A4.”

“Con una creatività immensa – nutrita da una riflessione critica incessante che fa della sua opera quella di un intellettuale organico del novecento europeo – ha ricoperto il mondo di segni, di oggetti, di spazi architettonici, di scritti, apparentemente talvolta distanti, tuttavia sempre capaci di acquistare una fisionomia relazionale, una narrazione mai interrotta, per via di un gesto interiore che connetteva il tutto in una perenne aurora inaugurale.”

“Felicità e malinconia sono gli estremi entro cui si colloca tutta l’avventura umana e artistica di Ettore Sottsass: felicità di essere appartenuto a un Eden perduto eppure sempre presente, che è l’infanzia, e insieme malinconia per non poterlo rivivere, non poter fermare il tempo.

Giuseppe Varchetta, psicologo dell’organizzazione e fotografo, comincia a fotografare Ettore Sottsass nel 1978, quando il designer ha già sessant’anni, e lo segue sino agli ultimi giorni.

In un racconto discreto, attento, a tratti intimo, Varchetta scruta per trent’anni il viso dell’amico e lo accompagna nel suo mutamento progressivo, cogliendo con acutezza le sfumature della sua malinconia e, al di là della tristezza, il suo sorriso così simile a un’esplosione di empatica energia.

 

Un testo di Marco Belpoliti che introduce alle immagini e al personaggio apre il volume che si chiude con la lunga intervista a Ettore Sottsass di Hans-Ulrich Obrist del febbraio. Il commiato è lasciato a Michele De Lucchi che con affetto saluta il Maestro”

John & Levi editore (photo di Giuseppe Varchetta)

Spring always comes round again, doesn’t it? Fin dentro la vita

 

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