Chiamatela moda, chiamatela e basta. La liquidità creativa di Alessandro Michele.

Diversità, inclusività, omologazione, gusto, estetica, etica, che cos’è in fondo la bellezza? Se possiamo azzardare a un canone anche solo chiedendocelo, avvicinandovisi, immagineremmo torchiata questa domanda dalla risposta difficile.

Strange is beautiful

Per Alessandro Michele, direttore creativo di GUCCI, è un concetto liquido che comprende contrasto, diversità, gioco, inaspettato, coesione fra le diverse arti spesso utilizzate in un gioco di blocchi e ostacoli che evidenziano aspetti inediti quando molli gli ormeggi e prendono lo slancio di una fiondata. La sua rivoluzione va ben oltre la moda, il luogo fisico delle passerelle, il concetto di bellezza classica, la fruizione stessa dei contenuti digitali e fisici. Per camminare in avanti di un passo Alessandro ne arretra uno e poi ne fa due (emozione direzione emozione), impossibile seguirne il passo claudicante nel suo non atteggiamento, nella sua non complessificazione.

La difficile facilità della sua moda sta tra le pieghe dei contrasti, delle assur/danze assordanti, fra mezzo e rappresentazione, fra genere e superamento di genere («Mi piacerebbe abbandonare l’armamentario di sigle che hanno colonizzato il nostro mondo: cruise, pre-fall, spring-summer, fall-winter», spiega Alessandro sul suo Instagram, «mi sembrano parole stantie e denutrite. Sigle di un discorso impersonale, di cui abbiamo smarrito il senso. Contenitori che si sono progressivamente staccati dalla vita che li aveva generati, perdendo aderenza con il reale»), la sua è cinemoda da cimelio che raccoglie la nostalgia, che frulla il passato, e con i pezzi che ne risultano ne fa un collage improbabile per il futuro passando veloce sul presente, un puzzle dove i pezzi “giusti” non ci sono, non almeno per il nostro occhio che vorrebbe mettere diligentemente ogni cosa “al suo posto”, perché ogni dove posi il tuo sguardo c’è la sua avanguardia, stramba e geniale, custode di sé stessa, solidissima.

Luoghi fisici

Si sposta fra Roma e Firenze, si circonda di oggetti e luoghi secolari che sutura con la musica elettronica e sinfonica, che eleva a una dimensione show distratta eppur calcolatissima che mai si ripete, quella delle sale chirurgiche, delle passerelle su linguaggio DOS, del qui e ora, della camera a mano, delle figure indossanti arbitrarie, elfi, esseri unici, pezzi d’avanguardia umana che ancora una volta tentiamo di addossare a quel muro o a quell’altro, a quella categoria o a quell’altra, in quel posto dove sembra che debbano incastrarsi nel puzzle noiolitico che ci siamo inventati per sopravvivere modestamente, appunto, modestamente, dentro freudiani schemi nevrotici.

Luoghi mentali

Recupera Alessandro, recupera, reinventa, risputa. Cose che non pensavamo potessero stare insieme, arditi accostamenti, trash da Dolce Vita e dolcevita, suture di epoche che ci paiono nuove, eppure, conservano brandelli di tessuto memoria e amore che ricordiamo di aver provato per quei meccanismi, tagli, colori. Il vintage diventa pop, il pop supera i suoi limiti ingombranti, il vintage abbandona il monolitico già pronunciato e triturato anche dai recuperi degli ultimi anni in voga per farsi inserto dell’oggi e adesso, per coniugarsi al domani, per farsi wow (mai frivolo) nel suono che ci esce dalla bocca ma che non sappiamo ancora codificare, omologare, catalogare. Anche se i media ci provano costantemente, in modo goffo.

Luoghi inesplorati

E allora non ringrazia Alessandro, si inchina velocemente e torna indietro, oltre, perché per stare al passo bisogna attraversare continuamente il presente senza mai soffermarsi, pronto alla sfida perenne, al rinvenimento inedito, all’eliminazione degli orpelli del superfluo anche quando si chiamano “stagioni”, perché se lui sta nel cuore pulsante del dettaglio, è anche vero che allo stesso tempo non molla il timone della poderosa via maestra di una rotta che conosce solo lui, dal piccolo al grande, dal dettaglio all’orizzonte, una sfida, una fuga, verso un’isola che (davvero) c’è.

 

Alessandro Michele, the creative director of Gucci, loves creative confusion and the palace in Rome he works in.

“If you’re a child, you’re allowed to dream, to dress differently… I would have liked to wear [Prince Charming’s] hat after Carnival and instead it was put away in a box. Why isn’t one allowed to wear Prince Charming’s hat not only for Carnival?”

 

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