In una lettera* pubblicata proprio tra queste pagine abbiamo declamato, quasi a mo’ di manifesto programmatico, di voler fare tutto il possibile per fare il meno possibile, il meglio possibile.

Esploriamo uno dei possibili significati di questa frase attraverso gli occhi di chi, quel “meno possibile, il meglio possibile” lo applica ogni giorno. Proviamo allora a vedere il mondo dal punto di vista di un UX Writer.

Lo UX Writer lavora sui microtesti che appaiono, come direbbe la mitica Franca Leosini, negli interstizi dell’animo di un sito o di un’App, e guidano l’esperienza dell’utente a tal punto da condizionare il suo comportamento e fargli compiere la famigeratissima call to action.

(Un passo indietro, una confessione a cuore aperto. Ci è mancato poco che l’autrice di questa lettera lo diventasse, un UX Writer: nei due anni di condivisione di uno spazio lavorativo con uno UX Designer, ho compreso le sfumature e la fine arte dei microcopy. Se d’ora in poi ho cercato di trattenere per il collare le spinte creative dei miei testi e di piazzarmi dall’altra parte dello schermo, beh, lo devo proprio a quel UX Designer che si esprimeva con codice e user-centricity.)

Ma ritorniamo a noi e alla promessa che il nostro titolo vuole mantenere.

Avete presente, all’incirca in seconda media quando arrivava puntuale la lezione su mittente, destinatario, codice e canale? Ecco, il microcopy non è solo un mezzuccio per far fare un’azione a chi ci legge, ma è l’applicazione di quella lezione all’interno di contesti digitali nonché la base della comunicazione – soprattutto nei siti di e-commerce°. E, cosa ancor più importante, insegna 5 cose che tutti noi, dal copy allo strategist, dallo zio Mario fino al supermegadirettore, dovrebbero mettere in atto.

Via.

Sii chiaro, per favore

Una delle parole che i copy usano di più durante la redazioni di testi per siti è “trasparenza”. Ok, ora dimentichiamola pure. Essere aperti e voler comunicare non basta, serve chiarezza. Servono messaggi senza fronzoli o ambiguità che non facciamo sorgere dubbi, che diano subito risposte e facciano procedere nel dialogo (ogni tipo di dialogo: tra interfaccia e utente, ma anche tra umano e umano!).

Parla come mangi

Una delle prime cose che ho imparato come copywriter è “se non sai spiegare quest’idea a voce oltre che per scritto, allora non funziona”. La stessa cosa si applica ai microcopy e in generale a ogni scambio comunicativo. Parla in modo naturale, colloquiale, senza filtri, troppi arzigogoli o salamelecchi (ecco, vedi, così non funziona!).

Sei tu un umano?

Come Gozer, il demone di Ghostbusters, chiede a Dan Aykroyd “Sei tu un dio?”, anche tu, ogni volta che ti approcci alla scrittura o alla comunicazione, adotta un tono di voce umano e ricco di carattere affinché dall’altra parte chi ti legge o ti ascolta non ti abbandoni, inquietato dalla possibilità di colloquiare con un robot.

E tieni sempre a mente questo: “quando qualcuno ti chiede se sei un umano, tu gli devi dire sì!!!”.

Dimmi di fare qualcosa

Nel 1997 un articolo pubblicato da una delle principali compagnie di progettazione di interfacce per l’user experience ha decretato che sul Web la gente non legge. Il compito del microcopy (e in generale di ogni tentativo di comunicazione digitale) è creare un messaggio che direzioni l’utente e che lo informi, fase dopo fase, dandogli un messaggio da leggere che contenga un’azione nuova da fare. Hai presente i livelli dei videogiochi? Ecco, siamo lì.

Una parola è troppa e due sono poche

Ultimo ma non meno importante, un comandamento imprescindibile che racchiude lo spirito del nostro “il meno possibile, il meglio possibile”: sii conciso. Non far cincischiare l’utente, potresti perderlo per sempre. Trasmetti le informazioni giuste nel modo più efficace possibile. Arriva al nocciolo della questione senza mai lesinare sulla comprensibilità della comunicazione. Sembra facile. Ahimè, non lo è mai.

 

Note


*lettera 50

°lettera 30

 

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