Guai a chi la chiama bottone.

La call to action (sì, puoi scriverla anche così) è quell’invito sotto forma di testo che, a mo’ di pacca affettuosa sulle spalle, cerca di far compiere un’azione precisa all’utente indicando una via o un percorso.

Qui la analizziamo dal punto di vista del testo, delle intenzioni e della personalità – e vedremo che, anche se piccola, la CTA ne ha a bizzeffe.

Un’offerta che non potrai rifiutare

Non esiste al mondo un’immagine più calzante per la CTA perfetta: proprio come diceva Don Vito Corleone nel Padrino, deve suonare come promessa definitiva. Quando funziona è perché non illude né minaccia, ma affascina.

Luisa Carrada, editor e profonda conoscitrice della lingua italiana, scrive che questa promessa si sostanzia in “…poche parole cruciali perché nel momento in cui arriva la call-to-action ci giochiamo tutto il lavoro che abbiamo fatto prima. Non solo per preparare quello che c’è nella pagina, ma anche nel sito, anche e addirittura, quello che abbiamo elaborato e costruito negli anni”.

Ebbene sì, la posta in gioco è altissima, ecco perché quella proposta a cui è impossibile dire di no deve essere costruita secondo alcuni santi crismi. È un po’ come un climax: al primo appuntamento mi racconti di te, scopriamo che abbiamo un sacco di cose in comune, mi fai perfino sognare un futuro insieme ma poi mi liquidi con un “allora, ci sentiamo?” Maddai.

Urgenza, curiosità, naturalezza. Ovviamente senza veli.

Dicevamo? Sì, santi crismi. Ma prima una premessa. Una call to action perfetta deve essere unica. “1 obiettivo, 1 landing page, 1 invito all’azione” recita uno dei mantra alla base di una buona UX. Non vogliamo che un utente venga distratto da mille opzioni e si perda tra click, inviti, richieste. E quindi: una e una sola CTA.

Oltre a essere unica, la call to action deve essere urgente. E sussurrare all’utente: prendimi adesso, come il più potente degli ultimatum. Poi deve titillare, non dire sfacciatamente che adesso è il momento di fare qualcosa ma suggerire di dare un’occhiata stuzzicando la curiosità. E ancora, grande dote, la call to action deve essere naturale e utilizzare un tono piacevole e semplice che rispecchia il modo di parlare dell’utente.

Il gran finale. Una call to action da bacio accademico è esplicita. Al bando le timidezze e i falsi pudori, abbassiamo i veli e gli occhiali da sole (e quel sintomatico mistero) raccontando con chiarezza e precisione cosa succederà una volta che accetterà l’invito.

Anche Jessica Rabbit è una call to action

“Non sono cattiva; è che mi disegnano così”, esclama Jessica Rabbit nell’immortale Chi ha incastrato Roger Rabbit? Lo stesso si potrebbe dire della call to action che ha un compito simile a quello di un cecchino: deve prepararsi, mirare, sparare e centrare l’obiettivo. Non è un caso se in inglese si dice che una call to action è “killer” quando funziona, stecchisce e converte.

Sia Jessica che la CTA perfetta hanno una forte personalità e un’incredibile capacità seduttiva. Solleticano i sensi e ammaliano. Ma soprattutto, mantengono le promesse e sono fedelissime.

Diciamolo così: il nostro compito è farti guardare da una call to action nello stesso modo in cui Jessica Rabbit guarda (innamoratissima!) Roger.

Poi vediamo come fai a non capitolare!

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